LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile promossa in
 grado  di  appello  dalle  Imposte  dirette  di  Milano,  l  Ufficio,
 appellante;
   Contro Alessandro Andreani, non costituito, appellato;
   Avverso la decisione della Commissione tributaria di primo grado di
 Milano in data 14 maggio-2 settembre 1993, che ha accolto il  ricorso
 di  Alessandro  Andreani contro la cartella esattoriale notificatagli
 per la riscossione dell'Irpef relativa all'anno 1983;
   Letti gli atti del procedimento;
   Premesso:
     che  oggetto   della   controversia   tra   il   contribuente   e
 l'amministrazione  delle  finanze e' la deducibilita' dal reddito, ai
 fini lrpef, delle rette pagate per  il  ricovero  della  madre  Maria
 Anguissola, descritta come persona anziana, non abbiente, in precaria
 salute, bisognosa di continua assistenza;
     che  tali  rette  sono  qualificate dal contribuente come assegni
 alimentari;
     che l'amministrazione ha resistito al ricorso  deducendo  che  la
 normativa  in materia di spese mediche non fa rientrare tra gli oneri
 deducibili la retta relativa al  ricovero  in  casa  di  riposo,  sia
 quando  questa  e'  pagata  dall'anziano  sia  quando e' a carico dei
 familiari;
     che la commissione di primo grado ha ritenuto la deducibilita' di
 tali spese in base all'art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n.  597,
 argomentando dall'art.  433  c.c.,  dalla  sanzione  penale  prevista
 dall'art.  570  c.p.,  e dalla illogicita' della tesi per la quale il
 contribuente dovrebbe  farsi  condannare  dall'autorita'  giudiziaria
 ordinaria  per  vedersi  riconosciuto  il  diritto alla deducibilita'
 della spesa che lo stesso contribuente sopporta in adempimento di  un
 obbligo di legge;
   Ritenuto:
     che  nella fattispecie deve trovare applicazione l'art. 10, lett.
 h),  d.P.R.  n.  597/1973,  per  il  quale  gli  assegni   alimentari
 corrisposti a persone indicate nell'art. 433 c.c. sono deducibili dal
 reddito,  ai  fini  dell'imposta  sul  reddito delle persone fisiche,
 "nella  misura  in  cui  risultano  da  provvedimenti  dell'autorita'
 giudiziaria";
     che  in  base  a  tale  disposizione dovrebbe ritenersi legittima
 l'iscrizione  a  ruolo  della  maggiore  imposta   risultante   dalla
 esclusione  degli oneri sopportati dal contribuente a norma dell'art.
 433 c.c.    senza  che  sul  punto  vi  sia  stato  un  provvedimento
 dell'autorita'  giudiziaria,  giacche'  la  formulazione letterale di
 questa norma non consente al giudice tributario  una  interpretazione
 come   quella   accolta   nella   decisione  impugnata,  in  evidente
 preterizione del disposto dell'art.  12,  comma  primo,  disposizioni
 sulla legge in generale premesse al codice civile;
   Ritenuto inoltre:
     che  la scelta del legislatore, di ammettere la deducibilita' dal
 reddito degli assegni alimentari subordinatamente alla condizione che
 risultino  da  provvedimento   dell'autorita'   giudiziaria   sarebbe
 intrinsecamente  razionale  qualora  il  fondamento dell'obbligo, pur
 previsto   dalla   legge,  fosse  giudiziale,  vale  a  dire  che  il
 provvedimento giudiziale avesse valore costitutivo dell'obbligo, come
 avviene per l'assegno di divorzio, mentre tale non puo'  dirsi  sulla
 premessa - condivisa dalla dottrina che si e' occupata della materia;
     che agli obblighi alimentari deve riconoscersi fondamento legale,
 si'  che  il provvedimento giudiziale ha valore di accertamento di un
 obbligo che esiste indipendentemente da esso;
     che la scelta del legislatore implica  un  trattamento  deteriore
 dei contribuenti che osservano spontaneamente l'obbligo alimentare di
 legge,  rispetto  a  coloro  che  vi  si  sottopongono  a  seguito di
 provvedimento dell'autorita' giudiziaria;
     che il fondamento  legale  dell'obbligazione  rende  l'intervento
 dell'autorita'    giudiziaria    funzionale   solo   alla   eventuale
 controversia  sull'esistenza  ed   il   contenuto   dell'obbligazione
 medesima;
     che   conseguentemente  ogni  disparita'  di  trattamento  tra  i
 soggetti che si conformano spontaneamente  al  precetto  di  legge  e
 coloro   che   vi   si   uniformano  solo  perche'  costretti  da  un
 provvedimento giudiziale, e in particolare ogni deteriore trattamento
 dei primi rispetto ai secondi, deve ritenersi lesiva del principio di
 uguaglianza stabilito dall'art. 3 della Costituzione, alla  luce  del
 quale   deve  essere  inteso  anche  l'obbligo  dei  contribuenti  di
 concorrere alle spese  pubbliche  in  ragione  della  loro  capacita'
 contributiva;
     che  quanto  meno  con riguardo al caso che l'alimentando risulti
 fiscalmente  a  carico  del  contribuente  la   giustificazione   del
 requisito prescritto per la deducibilita' delle spese dal reddito non
 potrebbe  rinvenirsi  nella  necessita'  di una prova documentale nei
 rapporti tra contribuenti ed  amministrazione  (necessita'  aggravata
 dai  limiti  della istruttoria del processo tributario, nel quale non
 sono ammesse prove orali);
   Ritenuto infine:
     che la questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10,
 lett.  h),  d.P.R.  n.  597/1973,  nella  parte  in  cui subordina la
 deduzione delle spese per obbligazioni  alimentari  alla  circostanza
 che  risultino  da provvedimento dell'autorita' giudiziaria anche nel
 caso che siano state sopportate per un soggetto fiscalmente a carico,
 per violazione degli artt. 3 e 53, primo comma,  della  Costituzione,
 appare per le ragioni gia' esposte non manifestamente infondata;
     che   essa  e'  inoltre  rilevante  per  la  decisione  nel  caso
 sottoposto  all'esame  della  commissione   regionale,   perche'   la
 beneficiaria  delle  spese risultava, nella dichiarazione dei redditi
 presentata dal contribuente ai fini dell'imposta  sul  reddito  delle
 persone   fisiche,   come  soggetto  fiscalmente  a  carico,  con  la
 conseguenza che, laddove il limite di  legge  sopra  denunciato  come
 irrazionalmente  discriminatorio  non  sussistesse,  il  ricorso  del
 contribuente contro la cartella esattoriale dovrebbe essere giudicato
 fondato, e la decisione di primo grado dovrebbe essere confermata;